Il ricco passato medievale è testimoniato dai numerosi monumenti romanico-gotici, dalla Fontana delle 99 cannelle, quasi un simbolo dell'Aquila, dai palazzi cinquecenteschi, dal Forte Spagnolo (Castello) del XVI secolo costruito sul punto più alto della città, dalla più grande chiesa rinascimentale della regione, la Basilica di San Bernardino (la cui cupola inconfondibile è ben visibile al di sopra del Castello) e dalla Basilica di Santa Maria di Collemaggio, uno dei massimi esempi di architettura romanica abruzzese, in cui Frate Pietro del Morrone fu incoronato papa nel 1294, lasciando alla città l'inestimabile dono della Perdonanza.
Varie sono le teorie sull'origine della città, ma tutte le fonti storiche, leggendarie ed architettoniche concordano nell'identificare la metà del XIII secolo come l'epoca dell'iniziale inurbamento. La citta sorse su un poggio alla sinistra del fiume Aterno nelle vicinanze dell'antica città romana di Amiternum, patria dello storico romano Sallustio e distrutta a seguito delle invasioni barbariche, in virtù di un decreto emesso nel 1240 da Federico II di Svevia, il quale intendeva avere un baluardo allo Stato della Chiesa nell'Italia Centrale. Nella zona esistevano già indubbiamente degli insediamenti, e pare che le quattro comunità più consistenti, S. Giusta, S. Marciano, S. Pietro e S. Maria Paganica, frequentemente in lotta tra loro, decidessero di assecondare la decisione del re di Sicilia. Ebbe così inizio un primo inurbamento e nel 1254, grazie all'impegno di centinaia di nuclei familiari, la città era sorta. Nel 1257 il papa Alessandro VI vi trasferì la sede vescovile da Forcona. L'inurbamento certamente cominciò decenni prima della data ufficiale di fondazione, o nascita giuridica, che avviene nel 1254 con l'elevazione dell'agglomerato di Acquili a "città demaniale" con istituzioni civiche, un capitano (rappresentante imperiale), e la costituzione di giurisdizioni parrocchiali "intra moenia".
Nel 1259 la città ancora in costruzione si schierò contro la politica ghibellina di Manfredi, figlio di Federico II, che alla morte del padre (1250) era stato designato reggente di Sicilia e teneva il potere in nome del nipote Corradino. Manfredi per rappresaglia rase al suolo la città. L'Aquila rimase abbandonata per sette anni finché Manfredi non fu sconfitto ed ucciso a Benevento nel 1266 da Carlo I d'Angiò, il quale autorizzò la ricostruzione della città. Lucchisino Aleta, nobile fiorentino, nominato Capitano dell'Aquila da Carlo d'Angiò fece iniziare un'opera grandiosa per la difesa della risorta città, a costruzione delle mura: erano larghe sei palmi e correvano per quattro miglia. Di tratto in tratto sorgevano presso alle mura le torri, le quali furono ottantasei, e così costruite da non permettere ai nemici di poter penetrare in città.
Nelle mura vennero aperte quattro porte corrispondenti ai quattro quartieri cioè ai quarti in cui l'Aquila era stata divisa e che si chiamavano - come sono tuttora indicati - Santa Giusta, S. Maria Paganica, S. Pietro a Coppito, S. Marciano. Successivamente furono aperte nelle mura anche altre porte, come si può vedere dalla mappa dei quarti, risalente al secolo XV. Ogni rione aveva il propio gonfalone e un drappello di rappresentanza di giovani cavalieri. Oggi, come tanti secoli fa, i simboli degli antichi quarti della città escono dalle loro custodie solo in occasione di cerimonie di particolare solennità, quali la Processione del Venerdì Santo, allorché sfilano al secondo posto del mesto corteo, dietro soltanto al gonfalone civico.
In questa ricostruzione la città fu impostata in base a un preciso programma urbanistico che riunisse le popolazioni di tutti i castelli del contado, ognuno dei quali inviava parte della popolazione sul terreno assegnato riproducendo il luogo di provenienza con un gruppo di abitazioni disposte intorno alla piazza e alla chiesa. Secondo la tradizione, 99 erano i castelli che parteciparono alla fondazione (il numero effettivo pare fosse tra 60 e 70). Ogni castello doveva provvedere ad edificare entro le mura della città una piazza con una chiesa e una fontana, il che avrebbe dato origine alle 99 chiese, 99 piazze e 99 fontane della leggenda. Per questo il numero 99 è importante nell'architettura dell'Aquila ed è caratteristicamente rappresentato dal monumento che celebra la leggenda delle origini, la Fontana delle 99 Cannelle. Nel 1294 l'eremita Pietro da Morrone fu eletto papa col nome di Celestino V. Dopo la sua consacrazione nella Chiesa di Santa Maria di Collemaggio venne istituito il rito annuale della Perdonanza.
Al dominio degli Angioini seguì poi quello degli Aragonesi, e fino all'inizio del secolo XV l'Aquila, che aveva tra i 50 e i 60 mila abitanti, fu la seconda città del Regno di Sicilia, dopo Napoli, per la fioritura del commercio, dell'industria e degli studi. Un evento che ha segnato la storia e la toponomastica della città fu, all'inizio del secolo XV, il tentativo di conquista e i ripetuti assedi di Braccio Fortebraccio da Montone, che voleva a tutti i costi crearsi una Signoria nell'Italia Centrale. Sotto la guida di Antonuccio Camponeschi gli aquilani riuscirono infine a sconfiggerlo in una battaglia vicino Bazzano nella quale il condottiero di ventura ricevette una ferita che poco tempo dopo lo portò alla morte. La tradizione vuole che gli aquilani ricorressero con preghiere al loro caro San Pietro Celestino, il qual apparve a Fortebraccio prima della battaglia che gli sarebbe stata fatale ammonendolo a lasciare la città che era a lui tanto cara; la leggenda, se così vogliamo interpretarla è rappresentata in una delle 13 tele ispirate alla vita di San Pietro Celestino che si possono ammirare nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio. L'Aquila era divenuta così potente che dichiarava guerra per conto proprio, stipulava trattati autonomamente, e, dal 1382 al 1556, coniava una propria moneta. Per tutto l'alto Medioevo fu un importante centro per il commercio internazionale della lana, della seta e dello zafferano. Nel 1482 un pupillo di Gutenberg vi fondò una delle prime tipografie italiane. Nel 1529 L'Aquila fu conquistata e saccheggiata dagli Spagnoli di Carlo V, che impose la costruzione dell'imponente Castello cinquecentesco "ad reprimendam aquilanorum audaciam" , revocò le libertà di cui la città godeva e ne smembrò il territorio.
A partire dal XVI secolo iniziò la decadenza della città, alla quale contribuì anche il rovinoso terremoto del 1703, che, assieme agli altri terribili terremoti registrati negli anni 1315, 1349 1452, 1501 e 1646 ha lasciato un segno indelebile nella storia e nell'architettura della città. Nel 1799 le armate napoleoniche invasero il Regno di Napoli, di cui L'Aquila faceva parte, sequestrarono tutto l'oro e l'argento della città e sparsero al suolo le ossa di S. Pietro Celestino e S. Bernardino. La città partecipò poi validamente ai moti risorgimentali del 1821, 1831 e 1848, come testimonia anche la permanenza di Giuseppe Mazzini, che fu ospitato nella casa di un patriota aquilano nell'attuale Via Mazzini e, dopo l'unità d'Italia, soffrì come tutto il meridione della piaga del brigantaggio. Durante la II Guerra mondiale subì un pesante bombardamento alleato nella zona della stazione, e fu centro di forti gruppi di Resistenza all'occupazione nazista per cui subì una sanguinosa repressione che ancora è testimoniata dalla lapide in Piazza IX Martiri.